Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge mira a individuare un nucleo organico di norme che assicuri il riconoscimento giuridico delle principali terapie e medicine non convenzionali esercitate da laureati in medicina e chirurgia: l'agopuntura, la fitoterapia, l'omeopatia, l'omotossicologia, la medicina antroposofica, la medicina tradizionale cinese e l'ayurveda.
      Riconoscendo gli indirizzi medici non convenzionali affermatisi in Europa negli ultimi decenni, ci si propone di dare concreta attuazione ai princìpi della libertà di scelta terapeutica del paziente e della libertà di cura del medico, all'interno di un libero rapporto consensuale informato, e di fornire un quadro normativo che, prevedendo una formazione di base nelle università e nelle scuole specializzate, dia le necessarie garanzie di professionalità a tutti i cittadini che si rivolgono a questi indirizzi terapeutici.

Le medicine non convenzionali in Europa e in Italia.

      La medicina moderna nel mondo occidentale, così come noi la conosciamo, è il frutto del pensiero positivistico di fine Ottocento. Mentre fino alla metà dell'Ottocento

 

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erano ancora presenti, nel pensiero e nella pratica medica, residui dell'antica medicina ippocratica che si rifacevano alla tradizione greca e medievale, con lo sviluppo del pensiero scientifico moderno la medicina si indirizzò sempre di più alla ricerca delle cause delle malattie all'interno della corporeità materiale dell'uomo. Con la nascita della patologia cellulare si posero le basi per la medicina di oggi. In un famoso discorso tenuto davanti all'Accademia delle scienze di Lipsia nel 1872 il fisiologo tedesco Du Bois-Reymond, sostenendo che la conoscenza della natura pone dei limiti invalicabili, pronunciò per la prima volta la parola ignorabimus, cioè «ignoreremo»: secondo lui con il metodo scientifico non si potrà mai arrivare a conoscere ciò che sta al di là del mondo materiale. Così venne delimitato l'ambito di ricerca della medicina al puro aspetto materiale dell'uomo e della natura. Ciò ha dato luogo, nel corso degli ultimi cento anni, ai grandiosi e innegabili progressi della medicina moderna: al di là di tutti gli sviluppi delle tecniche chirurgiche, sono state scoperte nuove e importanti categorie di medicinali (ad esempio i sulfamidici, gli antibiotici, i cortisonici, i vaccini, i derivati ormonali e così via) che hanno permesso di debellare molte e gravi malattie.
      Oggi questo filone di ricerca medica è arrivato fino agli interventi sul patrimonio genetico e alla manipolazione dei processi legati alla nascita e alla morte dell'uomo. Proprio in relazione a questi ultimi sviluppi stanno però nascendo problemi etici di sempre più difficile soluzione. La crescente tecnicizzazione della medicina ha portato anche, come inevitabile conseguenza, a una crescente insoddisfazione: l'uomo malato si sente spesso mal compreso nella sua sofferenza fisica e nel suo travaglio interiore proprio da coloro che dovrebbero aiutarlo a riconquistare la salute perduta. Un'insoddisfazione determinata anche dalla definizione di linee guida diagnostiche e terapeutiche sempre più stringenti, che limitano la libertà dei malati in un campo che malvolentieri viene delegato ad altre persone, sia pure fornite di specifica esperienza e competenza.
      Di fronte a queste problematiche appare sempre più evidente la necessità di un'immagine allargata dell'uomo, che tenga conto anche dei suoi aspetti non materiali, così importanti proprio per tutto ciò che riguarda la salute e la malattia. È nata anche, negli ultimi decenni, una maggiore consapevolezza dei problemi ambientali e dello stretto legame dell'uomo con la natura che lo circonda. Da qui pare opportuna una rivalutazione degli approcci diagnostici e terapeutici non convenzionali, che proprio a questi aspetti hanno sempre prestato particolare attenzione. In parte questi approcci, come la fitoterapia, l'omeopatia, la medicina antroposofica, sono propri della tradizione culturale europea; in parte, invece, come ad esempio l'agopuntura, la medicina tradizionale cinese, la medicina indiana, provengono da altri ambiti culturali.
      La rivalutazione delle medicine non convenzionali e la loro integrazione nell'ambito della medicina «convenzionale» ha avuto una storia diversa nei Paesi del Nord Europa rispetto ai Paesi dell'Europa del Sud. Nell'Europa del Nord, come frutto delle sanguinose lotte per la libertà di pensiero dei secoli scorsi, la tradizione culturale è orientata nel senso di una maggiore tolleranza verso tutti coloro che la pensano in modo diverso dal mondo accademico e si è potuto, ad esempio, affermare il valore dell'esperienza pratica. In altre parole, l'esperienza del singolo medico o di interi gruppi di medici, particolarmente nell'ambito delle medicine non convenzionali, viene ad avere una valenza scientifica paragonabile a quella dei cosiddetti «studi clinici controllati». Nell'Europa del Sud, invece, fondandosi sulla presunta giustezza dei propri princìpi teorici, la corrente scientifica predominante ha da sempre discriminato, relegato in un angolo, se non addirittura emarginato, tutti coloro che si sono sforzati di allargare i propri orizzonti diagnostici e terapeutici nel senso delle medicine non convenzionali.
 

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      Nel lungo e faticoso processo di costruzione dell'Unione europea si sta facendo strada la convinzione secondo cui i progressivi tentativi di armonizzazione delle legislazioni nazionali non devono portare a un'omogeneizzazione e ad un appiattimento dei valori culturali dei singoli Paesi; piuttosto, devono favorire ed esaltare le esperienze positive maturate in determinati ambiti culturali.
      Ad esempio, nella risoluzione sul rispetto dei diritti dell'uomo del 17 settembre 1996, il Parlamento europeo ha affermato che l'arte, la scienza e la ricerca devono essere libere e ha propugnato la necessità di riconoscere la cultura delle minoranze quale parte integrante del patrimonio culturale europeo.
      Nella risoluzione sullo stato delle medicine non convenzionali del 29 maggio 1997 lo stesso Parlamento europeo, constatando la crescente diffusione di tali terapie, evidenziava fra l'altro la necessità di «garantire ai cittadini la più ampia libertà possibile di scelta terapeutica, assicurando loro anche il più elevato livello di sicurezza e l'informazione più corretta sull'innocuità, la qualità, l'efficacia di tali medicine». Nella risoluzione vengono individuate le otto medicine non convenzionali suscettibili di riconoscimento da parte degli organismi comunitari e dei singoli Stati membri: nell'ordine in cui vengono elencate nei documenti ufficiali si tratta della chiropratica, dell'omeopatia, della medicina antroposofica, della medicina tradizionale cinese, dello shiatsu, della naturopatia, dell'osteopatia e della fitoterapia. Per queste correnti di pensiero medico vengono suggeriti dei criteri di valutazione propri di ciascuna di esse e viene auspicata un'adeguata attività di ricerca. Più di recente si è espresso anche il Consiglio d'Europa. Nella sua risoluzione del 4 novembre 1999 anche questa istituzione, pur riconoscendo la preminenza della medicina convenzionale, ha affermato la necessità di un riconoscimento delle principali medicine non convenzionali nel senso indicato dalla precedente risoluzione del Parlamento europeo.
      Infine, appare opportuno soffermarsi sull'attuale situazione delle medicine non convenzionali in tre importanti Paesi europei: Germania, Belgio e Svizzera.
      In Germania, fin dal 1976 esiste una legislazione in materia. In quell'anno, infatti, venne sancito dal Parlamento tedesco l'importante principio del pluralismo scientifico: esistono, cioè, vari approcci scientifici in medicina e nessuno di essi, per quanto maggioritario, ha il diritto di discriminare gli altri. Venne creato il concetto giuridico dei «particolari indirizzi terapeutici», con riferimento all'omeopatia, alla medicina antroposofica e alla fitoterapia: da allora queste parole si possono trovare in tutti i provvedimenti legislativi riguardanti la sanità. Si istituirono apposite commissioni ministeriali con il compito di valutare la qualità, la sicurezza e l'efficacia dei medicinali propri di ciascuno dei tre indirizzi terapeutici sopra ricordati, che in parte sono al lavoro anche oggi. I medicinali propri dell'omeopatia, della medicina antroposofica e della fitoterapia vengono rimborsati, sia pure con vari criteri, dalle Casse malattia corrispondenti al nostro Servizio sanitario nazionale. Gli ospedali e le cliniche della medicina antroposofica fanno parte integrante del servizio di sanità pubblica e godono di finanziamenti pubblici: ad esempio, l'ospedale antroposofico Filderklinik è l'ospedale di riferimento per le emergenze dell'aeroporto di quella città. L'omeopatia e la medicina antroposofica sono oggetto di insegnamento presso diverse università tedesche.
      Il Belgio si è dotato nel 1999 di una prima legislazione in materia. Sono state finora riconosciute, ma la lista è destinata ad allungarsi, le seguenti medicine non convenzionali: omeopatia, chiropratica, osteopatia e agopuntura. Sono previste, per ciascuna di queste discipline, delle commissioni paritarie e delle cosiddette «camere», incaricate di stabilire i criteri generali per l'esercizio delle singole professioni e per la formazione professionale in ciascuna delle quattro branche, con particolare riguardo alle regole deontologiche necessarie per ciascuna di esse.
 

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      Nella vicina Svizzera le medicine non convenzionali sono state regolamentate sulla spinta di un referendum popolare. I medicinali propri della tradizione omeopatica e antroposofica vengono rimborsati dalle più importanti Casse malattia. Presso l'università di Berna è stata istituita una cosiddetta «Istanza collegiale per le medicine complementari» che prevede docenti di omeopatia, di medicina antroposofica, di fitoterapia e di terapia neurale e che sta sviluppando un'interessante attività di ricerca. Dal luglio 1999 sono stati riconosciuti dalla Federazione dei medici svizzeri i programmi di insegnamento relativi all'omeopatia e alla medicina antroposofica, così come essi sono stati elaborati dalle rispettive associazioni professionali.
      Nel complesso, si può constatare un'interessante evoluzione delle legislazioni nazionali tendente a favorire l'esercizio delle medicine non convenzionali come forme di integrazione della medicina convenzionale. Non si tratta infatti di alternative, ma di interessanti aperture diagnostiche e terapeutiche che non possono che contribuire allo sviluppo della medicina in toto.
      Secondo le ultime statistiche sarebbero alcuni milioni in Italia gli utenti delle medicine non convenzionali, il 22 per cento della popolazione secondi i dati ISTAT, e alcune migliaia gli operatori, medici e no. Si calcola che in Europa tra il 20 e il 50 per cento della popolazione totale (in Francia e Germania il 40-50 per cento) ricorrano a medicine non convenzionali, con una preferenza per l'agopuntura, l'omeopatia, la chiropratica e l'osteopatia. Questo è stato certamente lo stimolo principale alla crescita di una sempre maggiore esigenza di riconoscimento istituzionale alla realtà delle medicine non convenzionali e alla necessità di integrare gli elementi positivi di innovazione di cui può beneficiare la sanità italiana.
      Secondo un recente censimento sono oltre 100 le strutture pubbliche che in Italia forniscono prestazioni di medicina non convenzionale. A livello regionale si sono avute, in assenza di una legge nazionale, la maggiori novità: innanzitutto il piano sanitario regionale della Toscana per il triennio 1999-2001 contiene un intero capitolo riguardante le medicine non convenzionali, ma anche altre regioni (Emilia-Romagna e Marche) hanno inserito nei propri piani sanitari il tema delle medicine non convenzionali. Anche la regione Lombardia ha approvato recentemente, nel febbraio del 2000, una delibera della giunta, recante «Osservazione e valutazione di procedure terapeutiche di medicina complementare: indicazioni per la stesura dei progetti».
      È strano che un cittadino italiano non possa ricorrere a queste medicine come un cittadino tedesco, inglese o belga che può invece utilizzarle normalmente, o che un medico italiano non possa studiare tali discipline anche all'università come formazione di base o in scuole private o in corsi post-laurea riconosciuti in base a precisi standard qualitativi come i suoi colleghi dell'Unione europea.
      Il legislatore deve porsi dal punto di vista dell'interesse generale, non di questa o di quella categoria; l'obiettivo della legge non è di inventarsi la realtà, ma di favorire uno sviluppo ordinato e positivo di quello che si ritiene valido per la società. L'approvazione di questa proposta di legge costituisce un fattore di maggiore libertà per il cittadino italiano, ma anche per i medici italiani che vedono riconosciuta una loro qualificazione professionale. Occorre altresì tutelare i cittadini rispetto alla possibilità che in una situazione di incertezza legislativa come quella attuale non si possa distinguere chi è qualificato da chi non lo è o da chi lo è meno. Abbiamo bisogno di garantire queste nuove libertà perché esiste una visione dell'uomo che ormai la medicina riconosce: una visione complessa, non una visione semplificata, riduzionistica.
      Il progetto di legge parte dalla necessità che vengano pubblicamente riconosciuti gli indirizzi medici non convenzionali affermatisi in Europa negli ultimi decenni, che fanno riferimento sia a medicine tradizionali
 

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di altri popoli, sia a medicine, come l'omeopatia, che sono nate in Europa. Il provvedimento mira anche ad introdurre una formazione di base nelle università e nelle scuole e il riconoscimento sia della libertà di scelta terapeutica del paziente che della libertà di cura da parte del medico, all'interno di un libero rapporto consensuale informato.

I contenuti della proposta di legge.

      La proposta di legge è composta da tredici articoli.
      All'articolo 1 sono individuate le finalità e l'oggetto della legge. Come accennato, i princìpi fondamentali sono quelli del pluralismo scientifico come fattore essenziale per il progresso della medicina, della libertà di scelta terapeutica del paziente e della libertà di cura da parte del medico. In questo quadro, vengono riconosciuti il diritto del paziente di avvalersi degli indirizzi terapeutici non convenzionali elencati nel successivo articolo 3 e la possibilità che le università, nell'ambito della propria autonomia didattica, istituiscano corsi di studio in tali discipline.
      L'articolo 2 stabilisce che i medici che hanno completato l'apposito percorso formativo possono fregiarsi pubblicamente della corrispondente qualifica. Si prevede inoltre che il Consiglio superiore di sanità sia integrato da un rappresentante di ciascuno degli indirizzi riconosciuti. L'articolo 3 elenca le terapie e le medicine non convenzionali riconosciute: esse sono l'agopuntura, la fitoterapia, l'omeopatia, l'omotossicologia, la medicina antroposofica, la medicina tradizionale cinese e l'ayurveda.
      L'articolo 4 prevede che siano istituiti appositi registri dei medici esperti in ciascuno di tali indirizzi terapeutici, stabilendo che ad essi si possano iscrivere soggetti laureati in medicina e chirurgia e in possesso di apposito diploma, rilasciato dalle università o da istituti privati riconosciuti. Peraltro, si dispone che tali registri siano soppressi dopo sei anni dalla data di entrata in vigore della legge, dato che la loro funzione è legata esclusivamente alla fase transitoria, al termine della quale saranno pienamente operativi i corsi autonomamente istituiti dalle università.
      Gli articoli 5 e 6 istituiscono e disciplinano la Commissione permanente per le metodiche mediche e terapeutiche innovative, composta dai rappresentanti dei diversi indirizzi disciplinati e dei Ministeri della salute e dell'università e della ricerca. Tra i compiti della Commissione, i più rilevanti riguardano il riconoscimento dell'equipollenza dei titoli di studio conseguiti all'estero, la promozione della ricerca nel campo degli indirizzi non convenzionali, anche al fine del riconoscimento di nuove terapie non convenzionali, la promozione di campagne informative in materia. La Commissione riferisce al Ministero della salute sulle attività svolte.
      La materia della formazione è trattata dall'articolo 7. In primo luogo, si definiscono i princìpi generali per il riconoscimento degli istituti privati di formazione operanti in questo campo. Inoltre, si istituisce un'apposita Commissione per la formazione nelle terapie e medicine non convenzionali, con il compito di definire i criteri per l'adozione degli ordinamenti didattici da parte delle università. I requisiti fissati direttamente dalla legge richiedono, tra l'altro, che la formazione sia conclusa da un esame di qualificazione e che il corso duri almeno tre anni, per un totale complessivo di almeno trecentocinquanta ore. Sono individuati criteri anche per la scelta degli insegnanti.
      L'articolo 8 prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possano promuovere l'istituzione di servizi ambulatoriali per la cura con le terapie e le medicine non convenzionali e di servizi veterinari omeopatici, mentre gli articoli successivi riguardano i medicinali impiegati nelle terapie non convenzionali. In particolare, l'articolo 9 prevede l'istituzione di distinte commissioni per la definizione dei criteri di qualità, sicurezza ed efficacia richiesti per l'autorizzazione all'immissione in commercio dei medicinali impiegati nelle

 

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diverse terapie, mentre l'articolo 10 prevede l'adozione di specifiche farmacopee, e l'articolo 11 autorizza i veterinari a prescrivere i prodotti medicinali omeopatici e fitoterapici ad uso animale.
      Infine, l'articolo 12 prevede che il Governo riferisca ogni anno al Parlamento sullo stato di attuazione della legge, mentre l'articolo 13 detta norme transitorie per la prima iscrizione nei registri di cui all'articolo 4.
      Conclusivamente, occorre ribadire la possibilità e la necessità di impiegare una pluralità di indirizzi terapeutici. Ciò deve avvenire in scienza e coscienza, come afferma il codice deontologico dei medici. Da questi princìpi è partito il lavoro svolto nella scorsa legislatura dalla XII Commissione permanente della Camera dei deputati in questa materia, un lavoro che la società ci stimola a portare avanti con una certa urgenza.
 

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